Evento (Spettacoli) inserito in archivio il giorno 05/05/2011
Niente più niente al mondo
monologo per un delitto
Uno spettacolo che racconta il dramma dell'uccisione di un figlio per mettere in evidenza la morbosità dei media e la complessità dei rapporti tra realtà e rappresentazione
Ci sono eventi difficili da raccontare. Si può parlarne, ma sembrano rimanere incompresi, nelle cause e nei significati profondi.
L'uccisione di un figlio da parte della propria madre è uno di questi.
Azione incomprensibile perché spaventosa, assurda, contro-natura. Violenta, troppo violenta, inconcepibile. Eppure, purtroppo, in questi anni continuamente attuale.
Prime pagine, titoli di copertina, caratteri cubitali, special e dibattiti televisivi creano l'attenzione, il caso, il mostro, dibattono e cercano di sviscerare, ma raramente arrivano a spiegare cosa c'è dietro una madre che uccide il proprio figlio.
Una famiglia di sfigati, di quelle dove nascere femmina è ancora un problema. Un quartiere della periferia del Nord Italia, ormai emblema delle contraddizioni e della crisi di tutto un Paese. Gli ingredienti dell'Italietta di questi anni ci sono tutti: le promozioni al Supermegadiscount, la speranza del Superenalotto, la tv di Chi l'ha visto e della De Filippi, gli stranieri che, a parte i cinesi che non danno fastidio a nessuno, sono tutta gentaglia. E il dramma della disoccupazione, di uno stipendio da 1042 euro meno 300 euro d'affitto meno le bollette meno 127 euro di rata auto... la miseria di una pizza al mese e due sabati a ballare. La bottiglia come unico piacere della giornata.
È da questo affresco sociale che lentamente emergono la profondità del malessere, l'amarezza della delusione, la solitudine nera. Carlotto, in un monologo semplicissimo, è riuscito a disegnare il dramma delle donne che si sentono tanto sole da non sopportare la delusione e la paura della vita e da decidere di toglierle anche ai propri figli. Con il suo linguaggio crudo, ironico e tagliente riesce a svelare, dietro le apparenze di un ordinario, l'anonimo quadro di vita familiare, i meccanismi e l'escalation che conducono al dramma più scabroso. Lo spettacolo diretto da Pierazzini prova a mostrarci qualcosa di dibattuto e altrettanto incompreso e fastidioso: la complessità dei rapporti tra realtà e rappresentazione.
Dunque, tra questi eventi terribili, i media e il nostro sguardo, la nostra morbosità.
Dentro la scena, che sembra confondersi con un set televisivo, imprigionata in una poltrona, c'è lei: la madre, la vittima-assassina, la protagonista.
Davanti noi, solo spettatori. Spettatori soli.
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