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Arrivano dal Tennessee e sono una piccola famiglia musicale.
Infatti il quartetto è composto da tre fratelli, Caleb (voce e chitarra), Nathan (batteria) e Jared (basso), a cui si associa il cugino Matthew Followill (chitarra).
Figli di un predicatore nomade, devono proprio alla chiesa le prime esperienze musicali.
I tre fratelli facevano da accompagnamento musicale ai servizi del padre.
Una volta lasciata la chiesa il gruppo si è stabilito a Nashville, la città ideale dove dare libero sfogo alle proprie pulsioni rock'n'roll.
I Kings of Leon sono infatti una classica band anni 70, in cui il suono scarno degli strumenti si incontra con la voce intensa di Caleb per dare vita ad un classico folk rock d'autore.
L'età media della band non supera i vent'anni, loro stessi si definiscono "necessariamente ribelli" per l'età che hanno, segno che certe scelte musicali ed estetiche sono assolutamente sincere e non frutto di una costruzione da parte delle case discografiche.
Il loro primo disco "Youth & Young Manhood" è uscito a metà 2003 per la RCA di New York.
Proprio a New York sono entrati in contatto con The Strokes, ora loro sostenitori accaniti. La stampa americana e inglese (soprattutto NME) ha iniziato da tempo a coccolarli come la cosa più fresca del momento in campo R'n'R, sprecando apprezzamenti per il loro garage rock così sinceramente retrò, tra Rolling Stones e Velvet Underground, e il loro aspetto da rockstar tra diavolo e acqua santa.
I Kings of Leon ("Leon" era il nome del padre e del nonno dei fratelli Followill) non vogliono essere una church band e non vogliono avere successo solo grazie alla loro strana storia.
Ciò che importa è la loro musica.
Durante l'infanzia ascoltavano Led Zeppelin, Tom Petty e i Clash.
Tutte queste influenze ora sono state convogliate negli undici pezzi dell'album, tutti prodotti dal sapiente Ethan Johns, stretto collaboratore e alter ego di Ryan Adams.
Il risultato è un album di rock puro, alla Creedence Clearwater Revival, suonati con un appeal punk e sbarazzino. Il loro singolo "Holy Roller Novocaine" suona garage blues tipicamente anni 70, e ti conquista subito con il suo sound caldo e quell'andatura da cavalcata nel Far West.
Visti recentemente esibirsi a Londra, i "Kings" hanno dimostrato tutta la loro bravura nell'eseguire i brani dell'album arricchendoli di un'intensità che pochi gruppi oggi riescono a trasmettere dal vivo.
Lappuntamento milanese è loccasione giusta per vedere dal vivo questa band di ventenni anomali.
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