Articolo inserito da Eduardo Cagnazzi il giorno 14/04/2023 alle ore 14.13.20
C'è correlazione tra i chili di troppo ed il cancro. L'eccesso di peso aumenta la probabilità di ammalarsi di tumori al seno, all'utero, al pancreas, tanto per citarne alcuni, ma anche di tumori che con il cibo non hanno un rapporto diretto. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità il numero di bambini e adolescenti obesi tra i 5 e 19 anni nel mondo è aumentato di 10 volte negli ultimi 40 anni. Attualmente in Europa il 59% degli adulti e quasi 1 bambino su 3 è in sovrappeso od obeso, e in Italia la situazione non è migliore: il 43% degli adulti ha un eccesso ponderale, con punte del 49% in Puglia. E non va certamente meglio nella popolazione infantile: sulla base dell'Indagine di OKKio alla Salute, tra i bambini della Puglia, il 4,8% risulta in condizioni di obesità grave, il 10,3% risulta obeso, il 21,6% in sovrappeso, quindi più di un bambino su tre non è normopeso.
L'obesità aumenta il rischio di molte malattie non trasmissibili, inclusi tumori, malattie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2 e malattie respiratorie croniche, e se l'obesità inizia in età infantile, il rischio di patologie in età adulta è ancora maggiore. La patogenesi di molte di queste patologie nel soggetto obeso è condivisa con la riduzione della vitamina D, ormone fondamentale per la salute dell'osso e non solo, che si riscontra frequentemente nel soggetto obeso e che a sua volta può essere concausa di alcune patologie associate all'obesità come infertilità maschile e tumore al seno.
Il gruppo di ricerca coordinato dal prof. Carlo Foresta (nella foto) e dott. Andrea Di Nisio in collaborazione con l'Unità di Andrologia e Medicina della Riproduzione, diretta dal Prof. Alberto Ferlin dell'Azienda Ospedale Università di Padova, ha scoperto che il tessuto adiposo nel paziente obeso cattura la vitamina D circolante nel sangue, che, accumulata nel grasso, non viene più liberata, portando quindi a una pseudo-ipovitaminosi D che si traduce in una iper-vitaminosi nel tessuto adiposo. I risultati della ricerca saranno presentati in anteprima domani 15 aprile a Lecce presso Il Mercure Hotel President, a margine del XVI convegno di medicina dal titolo "Le alterazioni endocrine nel soggetto obeso: dall'infertilità all'osteoporosi".
È stato infatti calcolato che nel grasso del soggetto obeso è accumulato l'equivalente di vitamina D che viene normalmente somministrata in 2000 giorni di trattamento raccomandato. Per la prima volta, i risultati raggiunti dall'equipe del prof. Foresta dimostrano che l'accumulo di vitamina D nel tessuto adiposo del soggetto obeso altera la funzione dell'adipocita inducendo una maggior espressione e attività dell'enzima aromatasi, che trasforma il testosterone in estrogeno, e determinando quindi una condizione di iper-estrogenismo.
Nel maschio obeso l'aumento degli estrogeni indotto dalle conseguenze dell'accumulo di vitamina D nella cellula adiposa partecipa delle manifestazioni cliniche tipiche dell'obesità (ginecomastia, ridotti livelli di testosterone, infertilità ). Nella donna, i ricercatori padovani, coordinati dalla dott.ssa Maria Santa Rocca e in collaborazione con la day/week surgery multidisciplinare diretta dal prof. Alberto Marchet, studiando il tumore mammario, una delle forme di cancro più diffuse nella popolazione femminile, hanno evidenziato che l'aumento della vitamina D nel tessuto adiposo peri-tumorale si associa a un'elevata espressione dell'enzima aromatasi nelle donne obese, e quindi una maggior concentrazione di estrogeni, coinvolti nella proliferazione tumorale.
La ricerca sarà presentata in anteprima il prossimo 15 aprile a Lecce presso Il Mercure Hotel President, a margine del XVI convegno di medicina dal titolo "Le alterazioni endocrine nel soggetto obeso: dall'infertilità all'osteoporosi".
"In conclusione, gli studi presentati dalla nostra equipe evidenziano nell'obeso una contraddizione tra ridotti livelli plasmatici di vitamina D ed elevate concentrazioni della stessa nel tessuto adiposo, dimostrando che questo fenomeno altera il funzionamento delle cellule adipose - conclude il professor Foresta - con conseguenze cliniche ben definite come infertilità e ipogonadismo nell'uomo obeso e rischio oncologico nella donna. Pertanto il trattamento dell'ipovitaminosi D nell'obesità dovrebbe prevedere in primo luogo il dimagramento e l'attività fisica, e non un aspecifico sovraccarico farmacologico di vitamina D".
Eduardo Cagnazzi
Non sono presenti commenti in questo Articolo
Buon pomeriggio anonimo
Fai il Login
Non hai un account? registrati o registra la tua attività .