Remember, remember, remember!

Natale 1966, un Natale come gli altri, grandi festeggiamenti con alcuni parenti, sempre gli stessi, zii e cugini. La nostra famiglia, in prevalenza laica, aveva pochi richiami al sacro se non con una capanna col bambino Gesù, posta nell’ingresso della casa, voluta soprattutto dalla mamma. Faceva sfoggio l’albero di Natale, nell’angolo in camera da pranzo, pronto già dall’Immacolata come è nella tradizione, addobbato con tanti soldini di cioccolata, palline e trombette in vetro, quando ancora la triste plastica non aveva preso il sopravvento; di tutti i colori erano le luci intermittenti che illuminavano l’albero, a forma di casette e campane, mentre il cotone idrofilo fungeva da neve. Ricordo i lunghi preparativi luculliani per il cenone della vigilia e il pranzo del Natale, il tutto doveva essere rigorosamente secondo la tradizione napoletana.

Alle ore 20 della sera del 24 eravamo tutti presenti e si dava inizio al lungo cenone.

Si partiva con gli antipasti classici per passare allo spaghetto con le vongole veraci, seguivano il capitone, la frittura di pesce, la spigola al forno, le scarole stufate, l’insalata di rinforzo, i broccoli di Natale, per arrivare ai dolci, i miei adorati struffoli,  preparati esclusivamente dalla mamma con la ricetta di zia Sisinella, sorella di papà, i susamielli, i roccocò, le zeppole fritte passate nel miele, e non potevano mancare i panettoni, e infine il cartoccio con tante pastarelle: cannoli, cassatine, deliziose, diplomatiche; il tutto era un vero e proprio profluvio di colori e sapori.

In quegli anni, per noi bambini, l’attesa della magica notte non era tanto quella del 24 ma il 5 gennaio, perché i doni arrivavano con la Befana, il babbo Natale era per noi solo un vecchietto divertente.

Quell’anno, la mattina del 6 gennaio la mamma mi svegliò presto, com’era sovente fare in quell’occasione, ed io mi trovai circondata da tanti pacchetti che scartocciai velocemente per visionare l’interno. La magia era compiuta, la Befana mi aveva portato in dono la bella bambola “Pretty”, tante leccornie tra cui caramelle, cioccolatini e niente carbone, e ben 4 libri di favole che non mancavano mai.

Presto mi preparai e mi recai dai miei amici, vicini di casa, dove facemmo sfoggio ognuno dei propri doni ricevuti. Loro erano tre bambini, 1 maschietto e 2 femminucce, alla più piccola con almeno sei anni meno di me, le fu regalata una bambolina molto carina che parlava, bastava tirare un filo che fuoriusciva da un buchino dietro il collo, e la bambola esclamava delle frasi. Questa novità destò in me tanta curiosità che incominciai a provare sfizio nel farla parlare e tira e ritira che il filo si staccò.

Successe il finimondo, la piccola incominciò a piangere e inveire contro di me, ma io imperterrita dicevo che non ne sapevo niente, intanto lei più si ostinava ed io più negavo e le gridavo contro che era solo una piccola viziata e che dopotutto quella bambola era poco intelligente perché ripeteva sempre le stesse parole.

Scappai a casa e mamma mi sgridò, ma io continuai a negare senza versare una lacrima. Quella fu la prima volta che mentii spudoratamente.

Angela Viola

Tratto dal libro: Le mie prime volte prodotto dall’Associazione Gunaike, cordinatrice: Paola Pierotti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *