Articolo inserito da Margherita Salice il giorno 16/09/2016 alle ore 19.31.00
Cosa rende la pizza qualcosa di unico al mondo?
La semplicità di quegli ingredienti che sono alla base del piatto universalmente riconosciuto come una delle caratteristiche ed eccellenze napoletane.
Secondo una tradizionale storia dei tempi del liceo, per apprezzare appieno la zuppa spartana il ricco ateniese necessitava di un ingrediente per lui difficile da reperire: la FAME, che rende appetibili gli ingredienti più poveri. Ma la pizza va OLTRE: è fatta con acqua, lievito e farina, ma l'ingrediente che la rende unica è l'AMORE che il pizzaiuolo napoletano mette in ogni impasto. E anche se hai appena pranzato è difficile resistere a quel disco profumato, guarnito dei colori della bandiera per diventare degno di una regina... che la scelse però per il suo sapore!
Ed allora, come conciliamo la semplicità della pizza col suo indiscusso successo internazionale?
Ci ha provato Rossopomodoro, il brand che ha deciso di portare Napoli sulle tavole di tutto il mondo.
Il recente convegno allestito nella magica cornice dell'Agorà Morelli all'indomani dell'inaugurazione del prestigioso Pizza Village è stato illuminante in merito.
La cornice era quanto mai indovinata: nella suggestiva atmosfera di quello che Napoli è riuscito a riqualificare come uno dei più funzionali e suggestivi parcheggi a livello europeo ogni argomento ha assunto un'aura magica e ci si sentiva come degli eletti, iniziati ai segreti di questa novella pietra filosofale che è la nostra preziosa, ineguagliabile, amatissima PIZZA.
Alla presenza degli odierni sacerdoti di un rito millenario, i pizzaiuoli che in ogni città italiana, ma perfino in Giappone e a New York, operano col prestigioso marchio Rossopomodoro, si sono susseguiti gli interventi dei guru del brand.
Antimo Caputo, il fornitore ufficiale delle farine utilizzate da Rossopomodoro, con quella luce particolare negli occhi, tipica di chi ama ciò che fa, ha dato una... "infarinatura" sul suo prodotto, illustrando la gamma che va dallo 00 fino all'integrale, in quello che ha definito un vero e proprio arcobaleno di tipicità.
I molini Caputo spediscono in tutto il mondo la garanzia di riuscita dell'impasto base della pizza, lasciando ad ogni pizzaiuolo la scelta di innovare attraverso la farina integrale, di diversificare col senza glutine o di omaggiare la tradizione con la scelta personale tra i prodotti più raffinati. Nei suoi interventi ha anche spiegato come ogni grano ha la sua assorbenza, il suo residuo di ceneri responsabili della colorazione e dei dubbi di certi controlli indiscriminati... per poi lasciare la parola a Beniamino Bilali, giovane esperto di lieviti che col suo improbabile accento lombardo ha illustrato le differenze tra la biga, il classico preimpasto, il lievito madre o di birra, il cosiddetto criscito e via addentrandosi nei segreti della doppia lievitazione e della famosa madia di legno che lascia all'impasto la giusta idratazione. Senza dimenticare di illustrare, più tecnicamente, l'idrolisi che a caldo gelifica mentre a freddo crea autolisi... argomenti da accademia dei pizzaiuoli, inframmezzati dalle note di colore rappresentate dalla presenza di Teresa Iorio, la pizzaiuola unica per genere nell'universo maschile Rossopomodoro, di Pasquale, come ha deciso di farsi chiamare il pizzaiuolo giapponese adottato dal brand, e dai ricordi sognanti di Gino Sorbillo che ha raccontato di quando, bambino, l'impasto arrivava a livello delle sue narici regalandogli quel profumo che è stato parte indelebile dei suoi giochi prima e dell'amato lavoro poi.
Si è disquisito di maniacalità nel posizionare il basilico, di riuscita della pizza attestata dal piatto vuoto lasciato da clienti che hanno gradito anche il "cordone", di identitá napoletana da difendere e ribadire con orgoglio, a partire da quella "u" ostentata nel nome del novello pizzaiuolo, una volta ultimo gradino della scala sociale ed oggi accademico di una eccellenza che si lotta per inserire tra gli orgogli nazionali al pari di arti come la lirica.
Nell'era dei social, dove apparire online è diventato fondamentale, ci si è interrogati sul prediligere il sito o il bancone, per concludere che il vero pizzaiuolo è soprattutto bravo: "onesto" nel lavoro ma "furbo" nel presentarsi in maniera accattivante e singolare. Come il pizzaiuolo che, a Roma, ha iniziato ad abbinare ogni sua pizza alla foto di un monumento, promuovendo arte su arte.
E così, passo dopo passo, dal bunker dei tempi della guerra divenuto multicolore parcheggio e teatro di eventi è partito il messaggio del cibo nato per sfamare con poco e che ha saputo diventare, attraverso la sagacia napoletana, tanto, ma tanto eccezionale.
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