Massimo Troisi: poesia e semplicità articolo inserito su spaghettitaliani da Luigi Farina
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Articolo inserito da Luigi Farina il giorno 03/01/2011 alle ore 22.44.54

Massimo Troisi: poesia e semplicità

 

immagine in primo piano

Oggi voglio parlare di un personaggio, che a mio avviso mostra il volto del napoletano verace legato alle sue origini, nella sua semplicità e schiettezza genuina, e che, anche se ci ha lasciato troppo presto per poterci dire tutto quello che avrebbe voluto, ha lasciato delle pagine immortali di poesia che emozionano e emozioneranno sempre. Il personaggio di cui parlo è Massimo Troisi.
Devo dire che quando ho cominciato a lavorare su questo articolo, che non voleva essere in ogni caso una commemorazione, ma una ricerca di testimonianze, come se ancora fosse in mezzo a noi, non pensavo di riuscire a trovarlo ancora così vivo e presente, e spesso avevo proprio l'impressione che da un momento all'altro dovesse spuntare e sedersi in mezzo a noi con il suo sorriso e la sua semplicità.
Devo ringraziare San Giorgio a Cremano e tutti quelli che me ne hanno parlato, sopratutto quelli che gli sono stati più vicini, perchè con la loro testimonianza mi hanno reso così viva la sua presenza, che adesso mi sembra quasi di essere pure io uno dei suoi amici.
Adesso do voce a chi gli è stato vicino e spero che chi leggerà questo mio articolo possa avere le stesse mie sensazioni e così possa aumentare la schiera degli amici di un uomo che, nonostante tutto, è e sarà sempre in mezzo a noi.

Carlo Buccirosso: Io purtroppo non ho conosciuto Troisi, questo è il mio rammarico, ho conosciuto tanti attori validi, di tante città e culture diverse e modi diversi di lavorare, ma Massimo no. Alcune volte mi sento dire, anche in maniera sbagliata, che io sono un po' l'erede di Massimo Troisi, non è vero niente, era bravissimo ed aveva proprio delle corde diverse da me, assolutamente diverse, originalissimo lui e credo anche io, quindi abbiamo un modo diverso di lavorare. Questa cosa mi fa onore, ma non sono d'accordo, è meglio non toccare i grandi. E' un grande, perchè si è inventato assolutamente un modo nuovo di fare cinema. Noi forse siamo gli eredi, noi napoletani, io con Vincenzo Salemme, i vari registi e attori napoletani, devo dire proprio noi, quando siamo usciti con "L'amico del cuore", abbiamo ereditato un po' quel tipo di cinema un po' anche teatrale in certe cose, in certi momenti, però Massimo era un'altra cosa. Non l'ho conosciuto, ripeto, ed è il rammarico della mia vita. Per finire mi sento di dire che era già modernissimo, e lo sarà ancora per tantissimo tempo, sarà un'immortale, visto che il suo modo di lavorare era talmente originale che non ha un'epoca, non è datato, infatti io vedo i film di Massimo e stento a pensare che non ci sia più.

Maestro Pippo Caruso: Io l'ho conosciuto sul lavoro ed era un pochino introverso rispetto a quello che poi dava sul palcoscenico, però di una dolcezza incredibile e di una disponibilità umana che mi ha colpito, infatti abbiamo fatto delle cose insieme. Poi l'ho visto esplodere come pensavo, non perchè non c'è più, di solito si dicono queste cose quando uno non c'è più, ma vedevo in lui uno che avrebbe marcato fortemente, non solo il cinema, ma tutto il panorama dello spettacolo italiano.





Vittorio Cecchi Gori: Massimo Troisi insieme ad Eduardo sono i rappresentanti di una certa arte e comicità, qualcosa di più della comicità, della vita, della napoletaneità, che è universale ed è eterna. Troisi c'è sempre, anche perchè per me era un amico di vita, oltre che lavorare insieme, in questi casi, accade assai spesso che si crea una cosa dove delle volte prevale l'amicizia, il ricordo umano e quello professionale sono mischiati insieme. Massimo c'è sempre, non ci poteva lasciare, ci guarda da lassù e ci vede e quindi dobbiamo ricordarlo così. E' la prima volta che parlo di Massimo da allora, perchè sono stato talmente addolorato che non ho voluto più parlarne. Adesso è giusto, questo è il momento opportuno, è in mezzo a noi, è il più grande.

Alfredo Cozzolino (Viola): Oltre al mio nome scrivi anche "alias Viola", visto che questo soprannome deriva dalla mia famiglia da generazioni, e Massimo mi chiamava Alfredo Viola. Parlando di Massimo, non perchè uno vuole sempre osannarlo, perchè tu sei l'amico e parli sempre in questa maniera, come qualcuno dice per esempio che lui stava male quando ha fatto Il Postino, non è vero, era il ruolo che lo costringeva a stare in quella maniera, aveva si un problema, ma non significava niente per quello che poi ha fatto, bisogna distinguere i suoi problemi da quello che faceva nei film, cioè il personaggio che interpretava. La gente che probabilmente vede il film, vede sempre sta' tragedia addosso, invece non è così, la tragedia la devi vedere il giorno dopo, devi vedere il film come se lui non avesse nulla, poi se dopo la pellicola, il giorno dopo, ti vuoi mettere a piangere, ti dispiace, quella è un'altra cosa. Il film è così, doveva essere fatto in questa maniera. Quello che raccomando a chi si avvicina a questo lavoro è di seguire l'esempio di Massimo, che non ha mai dimenticato quelle che erano state le sue radici, e continuava a metterle in evidenza. Quando è stato a Taormina, mi chiamò e mi disse: "Sai, sto con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia!", che erano due personaggi storici del cabaret, del teatro, del cinema, e Massimo si sentiva emozionato. Una volta abbiamo fatto una cosa ad Ischia e c'erano Tognazzi, Villaggio, ..., i più grandi del cinema, e lui scappava, insomma, si chiudeva perchè aveva vergogna di stare con loro per il rispetto in relazione alla loro importanza. Lui si sentiva sempre come un dilettante, e avere a che fare con questi personaggi era per lui sempre una grande emozione. Ti dirò ancora di più, lo chiamò Roberto De Simone che doveva fare il Pulcinella di Stravinsky a Napoli, un Pulcinella tutto particolare, anche se poi l'ha fatto, più o meno, in capitan Fracassa che era un'altra cosa, e quando ricevette questa proposta mi chiamò e mi disse: "mi ha chiamato Roberto De Simone!". Voglio dire, essere chiamato da Roberto De Simone era per lui come se a me mi chiamasse Bush, me che sono uno qualsiasi. Era così per Massimo, per qualsiasi cosa, lo stesso l'incontro con Scola, quando si incontrò con Mastroianni ha avuto un'emozione enorme. Questo era Massimo! Massimo era uno che voleva che gli cucinassi o' ppan cuott, che è uno dei pranzi più poveri in assoluto, oppure pasta e ceci, pasta e fagioli, ..., non per ricordo ma per esigenza, voleva proprio o' ppan cuott, oppure i maccaron c'a' salz 'a puvriell, che era la salsa delle bottiglie, fatta così e messa sulla pasta, e niente più. Le cose più semplici! Quando si andava in qualche ristorante, qualche volta c'è pure capitato, anche se Massimo cercava sempre di evitare, si cercava di puntare su qualcosa che ci rassomigliava, nel senso di persona, di carattere, non si pigliava mai qualcosa con la bechamel, le cose sofisticate si evitavano, in casa era meglio una fetta di carne con l'insalata, perchè ogni tanto si mangiava da noi. All'inizio degli anni '60 mangiare una fetta di carne non era una cosa facile, quando si mangiava era una festa, si scendeva da casa gia tutti diversi. Pure il ragù si faceva una volta la domenica, chi poteva farlo, e ti sentivi una famiglia nobile perchè ti mangiavi il ragù. E quelle sono le cose che ci ricordavamo continuamente e che fino all'ultimo lui continuava a ribadire. Qualcuno dice poi tu parli di queste cose quando poi capisci che c'è qualcosa che ti sta cominciando a mancare, invece non è vero, è proprio la vita che ti sta mancando, invece era una cosa che si faceva, si parlava sempre, e quello che continuava a dire e a ricordare era il suo paese. Tutto ciò per il rispetto dei valori e dei principi sani, che erano nelle sue radici. Tanta gente ha rinnegato Napoli, non San Giorgio a Cremano, oppure per esempio come alcuni siciliani o calabresi che andando a Milano o a Torino si dimenticano della loro terra e cominciano a parlare milanese. E' la cosa più brutta che ci può essere: è na' strunzata! Una vergogna contro te stesso. Voglio dire, tu stai umiliando te stesso quando cominci a fare una cosa del genere, è la cosa più brutta che un essere umano può fare! Fino a circa 10 anni fa venire dalla campagna, essere figlio di contadini, era una cosa che non ti aiutava, subito venivi emarginato, non venivi preso in considerazione, contrariamente a quello che avviene oggi anche un po' per moda e un po' per strumentalizzazione. Massimo era uno di quelli che proveniva da famiglia umile e stramava la campagna e quando si girava con la Smorfia c'era uno che rompeva sempre, Paddeo, l'organizzatore, quello che gli procurava le piazze, che gli diceva: "tu non hai fatto mai niente, sei sfaticato!". E Lui diceva: "Alfredo, diccelo tu che ho lavorato", ed era vero, perchè per entrare a far parte del mio "clan", i Viola, tutti gli amici miei che venivano a casa dovevano lavorare, altrimenti mio padre non li faceva entrare, "prima lavorate e poi giocate", diceva, "dopo fate tutto quello che volete"; e Massimo ci teneva tanto a dirlo, lo stesso Massimo era quello che portava i sapori a casa, i sapori veri quelli che allora c'erano e che oggi non esistono più. Oggi le arance le trovi sempre, le melanzane e il pomodoro pure, ..., qualsiasi cosa la trovi in qualsiasi momento. Noi all'epoca per mangiare le melanzane aspettavamo il giorno di Sant'Anna il 26 luglio, quando a Napoli e in altri paesi vicini fanno la parmigiana con la cioccolata, mia madre era una maestra in tutto questo, ed io sono un suo allievo. Oggi le melanzane la trovi tutti tutti i giorni. Ogni cosa aveva la sua stagione e tu aspettavi. O' casatiello che si fa a Pasqua oggi lo trovi tutti i giorni, la pastiera pure. Invece era bello il desiderio di aspettare il periodo giusto, si aspettava Pasqua per fare o' casatiello, si faceva quello dolce o quello rustico, questa era la cosa bella! Invece adesso si fanno tutti i giorni, e man mano il paese perde i valori. Se vuoi rispettare questi valori innanzitutto si dovrebbero rispettare i tempi e le stagioni giuste. Solo l'uva mantiene fino ad oggi, i suoi tempi, ma ci stanno provando a fare il vino a febbraio o a marzo. E questo pensiero mio è uguale a quello di Massimo, che la pensava proprio così!

Enzo De Caro: E' quasi impossibile parlarne così in un attimo, è un'enciclopedia. Come si fa? Non è una cosa da sviscerare in poche parole, è come tu parlassi di una persona cara. Abbiamo diviso un percorso artistico e umano insieme, che ad ognuno dei due ha lasciato un segno molto profondo, che poi ognuno ha portato avanti a suo modo, ma poi per certe cose il tempo ha un valore molto limitato, per cui siamo qui a poche centinaia di metri dove abbiamo passato tante serate, tante emozioni insieme, e queste cose sono come accadute ieri, non vent'anni fa.




Tullio De Piscopo: Massimo Troisi, non dico è stato, ma è la maschera, dopo gli anni '60, del palcoscenico napoletano, perchè dopo Totò, De Filippo, Nino Taranto, c'è subito Troisi, questa maschera moderna, che ha fatto veramente conoscere l'umorismo moderno napoletano, in un dialetto strettissimo, come usava fare lui, in tutta Europa. Io il primo film suo lo vidi al nord dell'Italia e la gente era veramente impazzita per questa sua maschera, perchè lui aveva, ripeto, una maschera incredibile. Abbiamo iniziato, si può dire, assieme, perchè eravamo nella stessa agenzia teatrale, dove c'era anche Pippo Baudo, io facevo la parte musicale, loro con il trio della Smorfia, assieme ad altri artisti di cabaret, la parte teatrale, con l'agenzia Gentile e Marangoni. Ho un ricordo di lui sempre bello e vivo per tutte le cose che abbiamo trascorso assieme. Ho il ricordo sempre impresso di quando ebbi la notizia della sua scomparsa alla fine di un concerto pomeridiano al Lirico di Milano, in taxi mentre andavo a casa e mi diede questa notizia il giornalista dell'Ansa, ed io rimasi impietrito.

Carmine Faraco: Quando ho lavorato con Troisi nel film "Ricomincio da tre", lo conoscevo appena, l'ho in pratica conosciuto facendo questo film. Mi ricordo di lui che ogni volta che facevamo un ciak, lui cambiava tutto quello che doveva dire, cambiava il copione, in un modo che adesso capisco, perchè lo faccio anch'io quando faccio gli spettacoli, a volte inverto la scaletta, per fare arrivare una cosa che io stesso scopro in quel momento e dare questa impressione alla gente. Lui per rendere la scena nuova, più spontanea, cambiava le parole, cambiava pure le situazioni, le ampliava, poi alla fine il montaggio sarà stato un po' un casino, perchè comunque dovendo fare degli stacchi, primo piano, piano americano, totale, da dietro, davanti, controcampo, per far collimare e combaciare tutte sti parole, sti dialoghi, che dovevano essere gli stessi, ma che lui cambiava sempre, sarà stato complesso. Era un'artista. Io l'ho frequentato anche dopo, aveva una squadra di calcio attori, chiamata Artisti Calcio, con cui abbiamo fatto un sacco di partite. Mi teneva sempre in squadra, titolare, perchè me la cavavo a giocare.

Enzo Gragnaniello: Troisi, innanzitutto, rappresentava la poesia, con la sua persona, con il suo viso, con le sue espressioni, con il suono della sua voce, come si muoveva, la sua gentilezza, non è stato mai volgare, è questa è una cosa importante, perchè i napoletani mettono sempre qualcosa di volgare, quando uno è insicuro si butta sul volgare, a volte nemmeno facendolo apposta, lui non ne aveva bisogno, era bello così com'era. Mi ricordo sempre la sua bella immagine d'artista. Un aneddoto molto simpatico, mi ricordo, tempo fa, ci incontrammo per la prima volta in RAI, e lui prima ancora che io lo salutassi, mi salutò dicendomi: "Ehi, Enzo, cumm stai?", trasmettendomi una forte familiarità, dimostrando una forte sensibilità. Son quelle cose che uno sente dentro, e quella è una cosa che mi è rimasta molto impressa, e io l'ho abbracciato come uno che conoscevo da tanti anni, e questa è una cosa bella, quando le persone sono artisti veri, sono semplici, se devono salutare una persona la salutano senza etichetta, e lui allora era già famoso per il film "Ricomincio da tre", quindi io lo conoscevo e forse lui non mi conosceva tanto bene come lo conoscevo io, però è stato lui a salutarmi, ripeto, come se ci conoscessimo da tanti anni. Poi l'abbiamo visto sempre, in tutte le interviste, nei film, è sempre stato una persona simpatica e gentile, e traspariva la sua poesia nel suo modo di parlare, con la sua gentilezza, questa è la base di tutto. Questo è quello che ricordo di lui, un'immagine bellissima!

Valentino Picone: Intanto la mia è una testimonianza, un omaggio indiretto, io non ho avuto la fortuna di conoscerlo di persona. Di Massimo Troisi mi piace ricordare una cosa che ha detto qualcuno, non ricordo chi, che lo ha paragonato ad una macchina bloccata, intasata nel traffico napoletano. Credo che sia la metafora più giusta di Massimo, perchè era veramente una persona che quando parlava sembrava che non arrivasse mai a nessun punto, invece era chiarissimo quello che voleva dire. Straordinario per due motivi, il primo perchè ha una evoluzione artistica meravigliosa, dalla smorfia, che era puro cabaret, ai film, "Ricomincio da tre", "Scusate il ritardo", ..., fino ad arrivare al capolavoro, che è "Il Postino", dove crede che quel film ci fa rimpiangere un Massimo Troisi che non abbiamo mai conosciuto, cioè con i film che sarebbero venuti successivamente, visto gli straordinari progressi da lui fatti. Di Massimo Troisi mi piace ricordare soprattutto il fatto che riesce a capovolgere la realtà, non parla mai per luoghi comuni, ma in tutti i suoi film, in tutte le sue gag sin dall'inizio, capovolgeva la realtà, facendoci forse vedere la realtà rispetto a tanti problemi, i problemi di Napoli, i problemi del provinciale, i problemi dell'uomo rispetto all'amore, sempre capovolgendoli, e mettendosi in discussione. Credo che dovrebbe essere studiato in tutte le scuole di teatro, anche per il suo modo strano di costruire la battuta, appunto, come una macchina intasata nel traffico di Napoli.

Federico Salvatore: Come sintetizzo in pochissime parole la grandezza e quanto Napoli deve a Massimo Troisi? Ci vorrebbero fiumi di parole, non quelle sanremesi. Io sono un collezionista di Pulcinella, studio Pulcinella, però mi interessa la parte antropologica di Pulcinella, ed ho trovato delle affinità nell'anima di Massimo Troisi con Pulcinella, probabilmente anche nel mio, perchè faccio questo lavoro. Massimo è Pulcinella senza maschera. A parte che Pulcinella è stato, nel pieno del suo vigore, della sua vita centrale, è stato censurato, e ha operato lo stesso senza maschera. Per me Troisi rappresenta il Pulcinella che porta. Poichè Pulcinelli è stato internazionale, Pulcinella è stato francese, Pulcinella è stato inglese, Pulcinella ha superato il Volturno. Massimo ha fatto la stessa cosa, l'unico napoletano con la napoletanità che ha superato il Volturno, quindi per me rappresenta un'ultima possibilità che abbiamo avuto, da un punto di vista teatrale e cinematografico, di superare, di uscire dallo stereotipo della napoletanità, fine a se stessa. Napoli è una fucina di attori, di cantanti, ..., però restano quà, perchè purtroppo siamo legati ad una tradizione che va superata. Io stasera presenterò un brano che si chiama "il passatista", perchè mi piace fare dei progetti per il passato, voglio conservare quello che ho ottenuto, però Massimo ha dimostrato che il napoletano può uscire da questa napoletanità. Ora tu puoi interpretare come vuoi, io posso dire che il messaggio che ho ricevuto da Massimo, è stata questa voglia di andare oltre, di non rimanere ghettizzati, nel vero senso della parola, nella città di Napoli.

Corrado Sfogli (Nuova Compagnia di Canto Popolare): Il pensiero che possiamo avere noi della Nuova Compagnia di Canto Popolare su Massimo Troisi è che rappresentava e rappresenta ancora oggi, come la Nuova Compagnia di Canto Popolare, un'immagine assolutamente meno stereotipata e comune di Napoli. E' un poeta, molto spirituale, e quindi molto vicino all'immagine della Compagnia. Lui non ha mai portato l'immagine del comico stravaccato, oppure quello che doveva per forza far ridere, la sua comicità era una comicità interna, profonda, da poeta. Lo stesso penso sia la Compagnia. La Compagnia non ha mai portato all'esterno della città, cioè nel mondo, un discorso folklorico stereotipato di luoghi comuni, è sempre stata sempre al di fuori di certi schemi e di certi parametri di cui purtroppo la città di Napoli ancora vive, e continua a vivere.

Marina Suma: Io Massimo lo considero soprattutto da un punto di vista umano, era carinissimo, molto semplice, e io avevo un'amicizia con Massimo, e purtroppo l'unica cose che mi è mancata è quella di non potere lavorare con lui, il perchè non lo so, non è mai capitato, ho lavorato con i suoi compagni, Lello Arena, Enzo De Caro, ma con lui non ne ho avuto la possibilità. Comunque per me rimane sempre prima un ricordo di Massimo come persona, perchè io l'ho frequentato come amico, ed era una persona veramente carina, molto semplice, molto, insomma, napoletana. Tra noi napoletani c'è quell'intesa, quell'ironia che ci unisce molto. L'ultima volta che l'ho visto, era un suo compleanno, a cui mi ha invitata, e purtroppo lui già appariva sofferente di questa malattia, purtroppo si. Però, poichè lui ha girato il suo ultimo film, il Postino, in un posto meraviglioso, a Salina, un'isola meravigliosa dove io vivo, in Sicilia, ho sempre il ricordo vivo di Massimo. Il fatto che lui ha girato questo film li a Salina, è come se io lo rivedessi sempre, ed è un bel ricordo, veramente.

Marina Tagliaferri: Io penso che Massimo avesse una sua spontaneità, tipicamente partenopea, ma con delle carat-teristiche proprio dei suoi tempi comici, erano tempi creativi, tempi fatti di comicità introspettiva, i famosi monologhi davanti allo specchio, avevano queste pause, queste reazioni a tempo, che erano veramente straordinarie, e penso facessero parte proprio della sua persona, del suo modo di essere uomo, attore e comico, perchè era fondamentalmente un'attore, oltre che comico, era un gran creativo, aveva una mente molto creativa. Era una persona curiosa che guardava intorno a se, questo penso sia la cosa più importante da dire, osservava la realtà che lo circondava, nei particolari, nelle piccole cose, nelle sfumature.

Nando Timoteo: Cosa potrei dire io su Massimo Troisi? Se non che è sicuramente da me amato in una maniera incredibile, in quanto io nasco nei villaggi turistici e di Troisi ho fatto tutto, tutta la Smorfia, dalla fine del mondo, a San Gennaro, o' Minollo, vicolo scassacocchi, la sceneggiata, ho fatto veramente tutto, perchè sono un amante incredibile. Aver vinto nel 2004 il Premio Troisi, sul palco di San Giorgio a Cremano, che è la sua città, è stato bellissimo, proprio indescrivibile. E proprio anche camminando sui marciapiedi, non potevo fare a meno di non pensare: "Ma quà c'è passato Troisi!". Tant'è che la chiusa dell'ultimo pezzo col quale ho vinto, l'ho scritta la stessa notte, ed è una cosa che mi porterò sempre, perchè l'ho scritta nel paese di Massimo Troisi. E' una cosa che mi piace molto pensare, e anche avere questa scrittura fatta qui dove magari lui ha concepito chissà quante altre idee. E anche se negli ultimi tempi non stava più qui e ci veniva di rado, una cosa che traspare nei suoi lavori, a mio avviso, è proprio questo attaccamento alle radici, che secondo me è una cosa molto bella, è una cosa da difendere sempre e comunque.

 

 

 

 

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Bici usata da Troisi nel Film
Carlo Buccirosso
Maestro Pino Caruso
Vittorio Cecchi Gori

 

Alfredo Cozzolino (Viola)
Enzo De Caro
Tullio De Piscopo
Carmine Faraco

 

Enzo Gragnaniello
Valentino Picone
Federico Salvatore
Corrado Sfogli

 

Marina Suma
Marina Tagliaferri
Nando Timoteo
Lino Banfi e Massimo Boldi insieme al Sindaco di San Giorgio a Cremano Mimmo Giorgiano

 

 

 

 

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