Gioacchino Nocera nasce a Scafati in provincia di Salerno nel 1982 da mamma casalinga con una spontanea passione per la cucina e padre maresciallo di Marina Militare. È proprio il mestiere del padre che porta la famiglia Nocera in Liguria dove Gioacchino frequenta le scuole elementari, medie e l'Istituto alberghiero, durante il quale alterna gli studi scolastici con le stagioni estive nella vicina e meravigliosa Versilia. È durante il quarto anno che la sua famiglia decide di tornare in Campania. L'orgoglio per il ritorno nelle terre d'origine, ricordo di sapori e profumi delle vacanze della sua infanzia, unito al suo impegno gli consentono di riscuotere notevoli affermazioni. Nel 2000 è vincitore del "Concorso nazionale turistico gastronomico Piatto del Giubileo" organizzato dall'Ipssar di San Pellegrino Terme dove presenta "Lagane e ceci". Entrato subito dopo a far parte della nazionale "Under 21" partecipa alla competizione culinaria internazionale dell'Expogast Lussemburgo Coppa del mondo di cucina 2002. Ma il suo desiderio di eccellere lo spinge sempre più avanti poiché già allora pensava: "il primo premio è una carica per il futuro". Proprio questo spirito gli ha permesso di alternare importanti stagioni estive italiane ed estere, passando per ottime case quali Hotel Stjarnholm in Svezia, il Ristorante Capo d'Orso a Salerno, l'Hotel Splendido di Portofino, lì'Hotel Savoy Beach di Paestum, il Ristorante "Joya" in Inghilterra.
Fra i suoi maestri nomina con molto piacere ed entusiasmo Matteo Sangiovanni, Giorgio Nardelli, Paolo Antinori e Franco Luise.
È all'età di 17 anni che avviene l'incontro decisivo con lo chef Matteo Sangiovanni, suo maestro professionale e di vita che, afferma Gioacchino, gli ha permesso di dare valore al rispetto e alla riconoscenza verso le persone che ci hanno consentito di arrivare dove siamo. È stato per Nocera un pigmalione poiché gli ha insegnato l'importanza di essere prima di tutto una persona ammirevole ed onesta, poi un bravo professionista.
L'anno successivo conosce e lavora con Giorgio Nardelli, che lo fa avvicinare all'utilizzo di nuove tecnologie e gli trasmette l'interesse per il miglioramento costante della propria professionalità. Nello stesso anno conosce lo chef Paolo Antinori del "Hotel Fortino Napoleonico" che gli fa scoprire le gustose e penetranti preparazioni della cucina marchigiana.
La grande svolta professionale arriva con l'ingresso, insieme al suo futuro socio Vincenzo Carotenuto, all'Hotel Caruso di Ravello, facente parte del gruppo Orient Express Hotels, che gli consente di prospettare l'apertura di un ristorante poiché qui, grazie agli insegnamenti dello chef Franco Luise apprende l'importanza dell'aspetto gestionale della cucina e della sua equipe.
Nel 2008 inizia la storia de "il Giardino delle Esperidi", nato dalla fusione delle idee di tre personalità e professioni differenti che si confrontano e si compensano: Gioacchino, lo chef, Vincenzo Carotenuto, il maître e Enrico La Mura, affermato biologo per professione, appassionato di cucina e da sempre mosso dal desiderio di aprire un ristorante in un antico casale di sua proprietà, alla ricerca del connubio perfetto per l'apertura di una struttura di spicco nel panorama pompeiano. E così l'incoscienza dettata dalla giovane età di Gioacchino e Vincenzo è stata contornata dall'esperienza di vita di Enrico per realizzare il sogno comune: il "Giardino delle Esperidi". Il nome del ristorante ha tratto l'ispirazione dal maestoso albero di melograni presente nel giardino che evoca l'albero dei pomi d'oro che, secondo la mitologia greca, era custodito dal drago Ladone e dalle tre Esperidi, Egle, Erizia e Esperaretusa, figlie del titano Atlante. Un dipinto raffigurante un passaggio della leggenda si trova anche negli scavi di Pompei.
La location, immersa nel cuore della città di Pompei, rappresenta una sintesi completa del paesaggio campano dove, afferma Gioacchino, cerchiamo di far vivere ai nostri clienti la cultura del cibo. L'obiettivo dello chef è che il piatto stimoli una serie di sensazioni di carattere visivo, olfattivo e gustativo. La presentazione del piatto deve suscitare la voglia di assaggiarlo, i profumi devono evocare emozioni e ricordi, e infine, gustandolo, soddisfare il gusto e le attese.
Le "Variazioni di paccheri di Gragnano con pomodori del piennolo alle tre cotture" hanno fatto vincere a Gioacchino Nocera il premio "Piennolo d'oro 2008".
Cucina di qualità e raffinata con ingredienti semplici e riconoscibili, sono, infatti, gli attributi dei piatti dello chef che sostiene che sia più difficile cucinare un piatto con pochi ingredienti. La zona è ricca di materie prime che Nocera riesce a esaltare con la sua creatività, frutto di anni di esperienza ma anche di un'innata predisposizione a sperimentare. Punto soprattutto sulla qualità del prodotto, sottolinea Gioacchino, sulla poca manipolazione e sul rispetto della stagionalità, perché ritengo sia importante mantenere integri i sapori e rispettare le proprietà organolettiche. Infatti, il nostro ristorante non ha una carta prestabilita, siamo io e il maître che, quotidianamente, secondo la disponibilità delle materie prime, ci preoccupiamo di proporre il migliore menu ai nostri ospiti. Ciò che ci prefissiamo, continua Gioacchino, è far rilassare il cliente senza costringerlo allo stress derivante della scelta del piatto.
Cucinare è come amare...o ci si abbandona totalmente o ci si rinuncia.
Il sentimento che ha sempre mosso lo chef è l'amore. Questa parola per lui racchiude qualcosa di propulsivo perché senza di esso non potrebbe dedicare la sua vita alla cucina. Senza amore non riuscirebbe a trasmettere nei suoi piatti la passione che lo anima. Perché, afferma Gioacchino, fare il cuoco non è un mestiere, non è un lavoro, è uno stile di vita, se così non fosse non potrei sopportare le ardue fatiche nello svolgere questa professione. Non è poco avere un'ispirazione che ogni giorno ti anima, che ti fa vedere oltre la mera lista degli ingredienti, spiega Gioacchino, perché c'è amore dietro ogni piatto creato e servito in tavola, un amore che riempie la vita complicata di una difficile professione. L'altro valore fondamentale per lo chef è avere coscienza poiché fare il cuoco è una professione delicata, si maneggiano alimenti quindi è importante rispettare la qualità e la salubrità degli ingredienti. Gioacchino, di persona, ogni giorno si reca al mercato per selezionarli con dedizione.
Per Nocera fare lo chef in Campania racchiude uno Yin e uno Yang. Essa è terra di colori, profumi e di sapori, basti pensare al bianco della mozzarella, al giallo dei limoni, al rosso del pomodoro, quindi il mestiere sembrerebbe facilitato dalla quantità e qualità delle materie prime, ma è anche la regione del mangiare bene dove le nonne e le mamme sono delle ottime cuoche quindi gli chef campani si trovano a confrontarsi con persone che hanno una profonda e radicata cultura del cibo con le quali non è permesso sbagliare. Tutti i nostri ospiti, racconta Gioacchino, ricordano il sapore del ragu' napoletano della nonna o del casatiello della mamma, quindi non posso sbagliare.
Per questi motivi lo chef considera autorevoli e fondamentali i consigli dei commensali. Su questo punto, i suoi collaboratori lo prendono spesso in giro. Quando, al termine del pasto, raggiunge gli ospiti Gigi, il suchef scherzosamente gli ricorda: "c vrimm' riman" (ci vediamo domani) perché il più delle volte si trattiene a conversare a lungo con i clienti. Dai cuochi ho imparato a cucinare, dai clienti a mangiare, controbatte, invece, Gioacchino a Gigi.
Questa è uno dei miei piaceri, si giustifica Gioacchino, oltre alla coltivazione di un piccolo orto che mi consente di portare le materie prime che direttamente coltivo, nei miei piatti, per valorizzarli maggiormente. Un'altra mia passione, rivela Nocera, è viaggiare, poiché mi unisco al pensiero dello scrittore John Steinbeck, autore di un aforisma a me caro: le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone.
Spesso nel giorno di chiusura settimanale del ristorante, ama raccontare Nocera, organizzo cene con gli amici premettendo ogni volta che saranno loro a cucinare, io ad assaporare i loro piatti, invece, puntualmente e con mio vero piacere, mi ritrovo sempre io a preparare per tutti. Oppure frequento i ristoranti di miei colleghi per confrontarmi e ricercare nuove idee.
Adoro passare del tempo col mio nipotino Mario, di 23 mesi, aggiunge Gioacchino, perché è un bambino molto curioso e attivo che manifesta un grande affetto verso di me. Io, confessa lo chef, quando non andava ancora all'asilo e passava più tempo con me, gli ho insegnato salire sullo scooter, ad accenderlo e, adesso ogni volta che mi vede mi esclama: "zio, chiavi, giro!" perché vuole che gli faccia fare un giro sul motorino. Mi immagino quando sarà più grande cosa farà, sorride Gioacchino.
Al momento lo chef è single, ha molte amiche ma non ha la fidanzata, sottolineano spesso il fratello e la cognata, questo gli consente di dedicarsi ancora di più allo studio e alla cura dei suoi piatti che ama anche trasmettere con passione. Dal 2011 infatti, le sue doti comunicative gli consentono di essere docente per corsi amatoriali presso la Città del Gusto di Napoli. È una soddisfazione passare le proprie conoscenze ad altre persone accomunate dallo stesso interesse, afferma Gioacchino.
Selezionato da un pool di giornalisti, partecipa al Trofeo Chef Emergenti del Sud Italia, capitanato da Luigi Cremona, dove si aggiudica il premio "Miglior Piatto della Tradizione" ed è proprio grazie alla partecipazione al concorso che viene contattato da Cristina che gli offre la possibilità di coronare un suo sogno: partecipare a "La prova del cuoco", il resto dipende da voi...................