Evento (Mostre) inserito in archivio il giorno 18/05/2021
È un lungo romanzo a capitoli il rapporto di Evgeny Antufiev con il patrimonio archeologico sedimentato nel nostro territorio e presente nei nostri musei.
Una fascinazione che Antufiev subisce per la stratificazione segnica e simbolica, per l'eco profondo di antiche storie che continuano a parlarci nelle sale dei musei. Quale migliore sintonia per un artista che da sempre esplora l'idea dell'immortalità e della rigenerazione attraverso archetipi che hanno accompagnato l'esistenza e l'immaginazione umana in una storia senza fine?
In questo capitolo l'incontro è con il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, importante custode dell'affascinante e per alcuni ancora misteriosa civiltà etrusca che ha saputo - così come il processo creativo di Antufiev - assorbire e metabolizzare contatti e relazioni con molteplici civiltà (da Oriente ad Occidente, dai Fenici ai Greci, ai Cartaginesi) e ha creato un rapporto peculiare, molto stretto, con le caratteristiche dei singoli territori in cui si è insediata, generando qualcosa di assolutamente nuovo. Il lavoro di Antufiev trasporta nel tempo e nello spazio figure simboliche che hanno da sempre accompagnato l'esistenza e l'immaginazione umana. Le sue ceramiche così come le fusioni, con trame e superfici ossidate e trattate con patine e bagni particolari, evocano antiche scoperte e ci appaiono come "dono" rinvenuto nel sottosuolo. La presenza di figure in trasformazione ben si sposa con il repertorio iconografico etrusco che viene splendidamente illustrato negli oggetti esposti nel Museo di Villa Giulia. L'esito formale è intrigante, labirintico, assolutamente unico: le opere di Antufiev assumono identità ibride, capaci di generare assonanze tra mondi e culture differenti, ma inevitabilmente sono filtrate attraverso la cultura del Paese di provenienza dell'artista, la Siberia, e la tradizione popolare russa nel trattamento dei materiali.
Ad accoglierci nel giardino un obelisco di travertino, un invito alla celebrazione di quel che non può essere inghiottito dall'oblio, di ciò che non può morire. Fine ultimo di un museo? Una piccola fontana, nell'emiciclo, è un omaggio all'acqua, elemento chiave dello scorrere del tempo e della trasformazione vitale. Giungendo al prezioso Ninfeo, un vaso in terracotta, in dialogo con i corpi delle cariatidi, evoca il principio recettivo femminile, origine della vita e fonte di nutrimento.
La mostra si sviluppa in un'ala specifica del museo innestandosi nella sua ossatura, creando uno scambio col patrimonio presente. I piccoli interventi nelle teche non interrompono le raccolte storiche: Antufiev reinterpreta gli oggetti - originariamente creati per scopi funzionali e decorativi - trasformando la visione di un manufatto in opera d'arte. Molti di questi oggetti rinvenuti nelle tombe a corredo funerario (a testimonianza dell'importanza di un rito di passaggio fondamentale tra vita e morte) offrono un repertorio figurativo comprendente soprattutto animali fantastici tratti da bestiari orientalizzanti che assumono il significato di guardiani delle tombe: un'iconografia fortemente presente nella ricerca formale di Antufiev.
La mostra approda infine in una fantasmagorica sala museale realizzata all'interno del museo: uno spazio fittizio in cui l'artista mette in scena, all'interno di teche e vetrine, relazioni immaginifiche tra oggetti e figure di sua produzione, perlopiù fusioni e terrecotte, un omaggio al raffinato lavoro artigianale etrusco che si è espresso soprattutto con questi materiali.
Marina Dacci
Celebrazione della vita
La vasta ricerca di Evgeny Antufiev sulle culture estinte e sui loro manufatti porta la sua pratica artistica alla creazione di opere che divengono simboli senza tempo: specchi, guerrieri, maschere, coltelli e vasi assumono una rilevanza culturale per qualsiasi epoca, e dunque il fitto dialogo tra oggetti antichi trovati e oggetti artistici di nuova realizzazione si presenta come una celebrazione della vita, passando dai secoli precedenti al mondo contemporaneo e al futuro, diffondendosi da un contesto museale alle famiglie contemporanee e future, legando i nostri ricordi con la realtà delle generazioni che verranno.
I pattern visivi che Evgeny introduce all'interno della sua pratica non divengono unicamente una costellazione di oggetti: l'obelisco di marmo collocato nello spazio al centro di Villa Giulia si erge come un altro solido elemento sulla mappa del mondo fatta degli obelischi realizzati dall'uomo, aggiungendo Roma nella costellazione di obelischi del Cairo, Parigi, New York, Vaticano, Istanbul, Luxor, della Giudea, connettendo i tempi antichi con la crescente cultura contemporanea.
La materializzazione di nuovi oggetti d'arte con il preesistente contesto museale e persino con quello urbanistico, ripristina sempre le proprie coordinate spaziali, e nel caso di Antufiev, si eleva al livello di risveglio di una sinergia che non esisteva prima.
L'artista e il suo mondo di oggetti integrati nello spazio di Villa Giulia, storicamente ricco di codici e significati eterogenei, ci porta a maturare nuove sensazioni, dimostrando come il nostro tempo sia profondamente connesso con il passato e il futuro, magnificamente intrecciati l'uno nell'altro in un linguaggio dell'arte senza tempo.
Svetlana Marich
Evgeny Antufiev (Kyzyl, Tuva, Russia, 1986) vive e lavora a Mosca.
Dopo gli studi all'Institute of Contemporary Art (ICA) di Mosca, nel 2009 e nel 2019 vince il Kandinsky Prize rispettivamente nella categoria The young artist e Project of the Year.
Nel 2021 parteciperà a Soft Water Hard Stone, la 5a edizione della Triennale del New Museum di New York, curata da Margot Norton, Allen e Lola Goldring (curatori al New Museum), Jamillah James (Senior Curator dell'ICA di Los Angeles).
Nel 2019 è invitato a partecipare alla 5a edizione della Biennale degli Urali e alla mostra collettiva Jeunes artistes en Europe - Les métamorphoses presso la Fondazione Cartier di Parigi. Del medesimo anno è il progetto speciale Dead Nations. Golden Age Version nella Chiesa di San Giuseppe alle Scalze a Napoli, a cura di Marina Dacci.
Nel 2018 partecipa a Manifesta 12, a Palermo, con When art became part of the landscape. Chapter I, un progetto per il Museo Salinas a cura di Marina Dacci e Giusi Diana. Dello stesso anno è la mostra personale, When art became part of the landscape: part 3, presso il Multimedia Art Museum di Mosca e la bi-personale al Konekov Museum di Mosca.
Nel corso del 2017 espone al MHKA - Museum of Contemporary Art di Anversa, al MOSTYN in Galles e alla Garage Triennale of Contemporary Art al Garage Museum di Mosca.
Nel 2016 è invitato da Christian Jankowski a partecipare a Manifesta 11 con un progetto speciale e a settembre 2016 partecipa a Kabaret Kultura alla Whitechapel di Londra con una perfomance. Negli anni precedenti, tra le sue mostre personali: MMOMA di Mosca (2015) Multimedia Art Museum di Mosca (2014), Collezione Maramotti di Reggio Emilia (2013) e tra le collettive: New Museum, New York (2011) e il Palais de Tokyo, Parigi (2012).
I suoi lavori sono presenti nelle collezioni dei più importanti Musei ed Istituzioni internazionali: Credit Suisse Collection; International Kiasma Museum, Helsinki; TATE Modern, Londra; Collezione Maramotti, Reggio Emilia; MHKA - Museum of Contemporary Art, Anversa; Moscow Museum of Modern Art, Mosca; Multimedia Art Museum, Mosca.
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