Pranzo pantagruelico alla corte di Milano di Gino Adamo – Gastronomia in pillole a cura di Luigi Farina

ATTENZIONE! Spaghettitaliani utlizza i Cookie. Puoi leggere come li usiamo nella nostra Informativa Cookie. Inoltre puoi leggere l'Informativa per la Privacy e le nostre Condizioni d'uso.

Pranzo pantagruelico alla corte di Milano di Gino Adamo – Gastronomia in pillole a cura di Luigi Farina

Nel 1368, in occasione del matrimonio tra la giovane e bella milanese Violante, figlia di Galeazzo II, Signore di Milano, e Lionello d'Inghilterra, duca di Clarence, ebbe luogo un banchetto principesco che fece epoca per la inusitata profusione dei cibi e la ricchezza dei doni offerti, con magnificenza davvero regale, dal padre della sposa.

Giunto a Milano da Parigi con largo seguito di nobili e cavalieri la vigilia di Pentecoste (27 maggio 1368), Lionello, duca di Clarence, veniva unito qualche giorno dopo in matrimonio con la nobile pulzella italiana. La solenne cerimonia delle nozze verrà officiata il 5 giugno di quell'anno dal vescovo di Novara.

Subito dopo il duca di Clarence e la sposa, con il folto seguito dei convitati, si recarono all'Arengo, dov'era stato imbandito il grande pranzo.

Secondo il resoconto degli storici dell'avvenimento, le mense in realtà furono non una, bensì due. Nella prima sedeva lo sposo, il conte di Savoia, il vescovo di Novara, i figli di messer Bernabò, Marco e Ludovico. Era fra i convitati anche un personaggio assai illustre, il poeta messer Francesco Petrarca, seduto accanto ad altri cavalieri e nobili forestieri, in gran parte pisani, alleati allora dei Visconti. All'altra mensa, presieduta da Regina della Scala, moglie di Bernabò, sedevano le donne, le quali portavano in tavola i piatti alla prima mensa, cioè 50 piatti per ciascuna portata. Le portate furono ben 18; ogni portata era inoltre duplicata, in quanto composta di due vivande, una a base di carne e un'altra a base di pesce, corredata da un dono personale per ciascun convitato, ad ogni singola portata.

La prima imbandigione, doppia (appunto, per le carni e i pesci), era costituita da due porcellini dorati che mandavano fuoco dalla bocca e da una varietà di pesce chiamato "porchetta dorata". La seconda presentava lepri dorate con lucci. La terza era occupata da un enorme vitello arrosto, tutto dorato con trote (anch'esse dorate). La quarta era composta di quaglie e pernici, ovviamente dorate, accompagnate da trote arrostite. La quinta portata comprendeva anatre e aironi in quantità. La sesta offriva invece carne di manzo, capponi grossi con salsa d'aglio e storioni. La settima dispensava ancora capponi e carne in salsa di limone con pesce intinto nello stesso tipo di salsa. L'ottava si sbizzarriva in svariati pasticci di carne di bue accompagnati da altri pasticci di anguille grasse.

La nona portata offriva, invece, gelatine di carne e di pesce (lamprede) e poi, via via, capretti arrosto, lepri e caprioli, carne di cervo e di bue, capponi e pollastri in salsa rossa e verde, e ancora conigli, pavoni, cigni, anatre arrostite. Per finire con le ultime portate di giuncate, formaggi e frutta...

Nel corso delle imbandigioni il munifico anfitrione presentò anche 76 cavalli ai baroni e gentiluomini del principe inglese.

Violante portava in dote al marito ben 200 mila fiorini d'oro e la signoria delle terre angioine in Piemonte: le città di Mondovì, Cuneo, Cherasco, Demonte. Ma, invero, il principe inglese godette poco di tanto ben di Dio, giacché appena tre mesi dopo il sontuoso matrimonio, lo sventurato si ammalò e, nel giro di pochi giorni, morì.

Gino Adamo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »
Scroll to Top