Che l’olio extravergine di oliva fosse il migliore alleato dell’uomo è noto da sempre. Grazie alla sua ricchezza di componenti antiossidanti e acido oleico, consente di godere della buona tavola senza conseguenze negative per la salute.
I suoi acidi grassi monoinsaturi non aumentano il tasso di colesterolo, a differenza per esempio del burro e degli altri grassi di origine animale che possono accentuare il rischio di infarto o ictus. E bastano poche gocce di olio extravergine per esaltarlo.
Proprio per questo è ritenuto il principe della Dieta mediterranea e maggiore alleato della salute. E proprio per questo produttori, ricercatori, tecnici sono impegnati nel fare in modo che durante i processi di estrazione e lavorazione, questi composti naturali rimangano inalterati.
Di questo si è parlato al convegno “Quale evo? Tracciabilità, sostenibilità, gusto e benessere”, ospitato nell’area “Il Giardino delle Idee” di Bufala Fest in svolgimento a Napoli.
“C’è qualcuno che vorrebbe relegare l’extravergine al ruolo di commodity”, ha affermato il presidente di Italia Olivicola, Gennaro Sicolo. “È necessario pertanto fare sistema, puntare di più sull’organizzazione per muoverci in maniera unitaria, chiedendo a politica e alle istituzioni di sostenere il settore nelle grandi e piccole battaglie. Dobbiamo aprire un dialogo forte con il sistema della ristorazione per far comprendere l’importanza di avere sulla tavola di tutti i ristoranti una carta degli oli, come già accade per i vini, e addirittura per l’acqua. I consumatori devono poter accedere a tutta una serie di informazioni corrette, devono saper riconoscere la qualità e gli sforzi produttivi, ricondurre l’olio alle zone di produzione e, perché no?, corrispondere il giusto prezzo che una bottiglia di olio merita”.
La vera sfida per i prossimi anni è dunque la promozione, legando le produzioni ai territori per far conoscere e riconoscere le diversità di colture di cui l’Italia è ricca.
A ribadire l’iniziativa, Raffaele Amore, vice presidente di Italia Olivicola e numero uno di Cia Campania, secondo cui il raggiungimento della qualità richiede impegno ed investimenti, non solo in frantoi ma anche negli oliveti. E, soprattutto, gli interventi agronomici nell’oliveto devono essere rispettosi dell’ambiente, ben sapendo che più accurato è il lavoro lungo la filiera produttiva, migliore e più salutare è l’olio che si mette in bottiglia. A questo tendono i tanti produttori italiani che puntano sulla qualità e sulle denominazioni di origine.
Eduardo Cagnazzi